Pur preceduta da varie prese di posizione di esponenti, anche di primo piano, di Lega e FdI tipo Centinaio e Crosetto, e anche da esponenti locali, il centro destra incomincia a vivere, con meno pathos, le convulsioni del PD.
La dichiarazione di Giorgetti, numero 2 della Lega, di votare NO motivandolo con gli stessi argomenti usati da tanti malpancisti del PD e da noi liberaldemocratici e riformisti, unici partiti che si sono dichiarati, hanno messo la faccia e costituito comitati e con le poche forze che hanno mettono su gazebi e tavoli nelle città, è un fatto importantissimo. Giorgetti, uomo delle istituzioni, moderato e realista, ha detto quello che pensava da tempo e io ero convinto che avrebbe votato NO. Meno certo ero sul modo col quale ha annunciato la scelta. Ma il segnale ai tanti leghisti occasionali e non che credono nella democrazia, ma anche a tanti elettori del centrodestra in genere in quest’ultima settimana sarà molto forte. Si profila in modo carsico la linea di Brunetta che lascia spazio a molte possibilità. I fautori fanatici del SI diranno che i voltafaccia sono motivati dalla voglia di far cadere il governo. Magari cadesse, ma veramente di voltafaccia si tratta?
Andiamo con ordine: la Lega nell’accordo coi 5 stelle aveva accettato il taglio dei parlamentari contestualmente a una riforma generale del sistema mai fatta. Il PD, come prima la Lega, aveva condizionato il triplice ribaltamento di posizione se il taglio veniva accompagnato da altre riforme tipo far votare al Senato i diciottenni, una vera follia che replicherebbe in tutto e per tutto l’esito della Camera per fare le stesse identiche cose, e inserire il proporzionale con sbarramento al 5% per far fuori Renzi, IV, che ancora non c’era – stava nel PD in attesa dell’accordo che avrebbe consentito la nascita del partito che non sarebbe avvenuta se si fosse precipitati ad elezioni anticipate e quindi abbozzò – e ora, siccome non vuole suicidarsi, la legge elettorale prevista la vede come fumo negli occhi e ha lasciato liberi i suoi a votare come credono al referendum cioè quasi tutti NO. LeU che si è ritrovato al governo per caso vota SI ma non la riforma elettorale che lo costringerebbe a essere una corrente del PD come ai bei vecchi tempi, mentre la sinistra che rimane vota NO. Un bel quadretto se poi ci mettiamo anche qualche defezione grillina.
Questa ultima settimana si profila molto interessante e l’osservatorio di chi, come me, è stato ogni giorno al gazebo di Azione, +Europa, Volt e EpI, registra molte prese di posizione per il NO, anche se tantissimi non prendono il volantino e altri non lo prendono dichiarando di essere per il SI. E’ probabile che il SI vincerà e sarà un disastro per le istituzioni repubblicane, ma dalla montagna della partenza ora siamo al collinotto. Sarà molto importante il 21 sera sapere quanti italiani hanno votato, dato molto importante, e se vincerà il SI con quale scarto. Perché la vittoria politica non sempre corrisponde alla vittoria numerica. Già per terra troviamo le macerie del PD i cui militanti ed elettori voteranno in maggioranza NO. Come dice Orfini dovranno ricostruire una nuova identità meno populista di quello che è ora, ma dubito che ci riusciranno coi Franceschini che dettano legge. I 5 stelle potranno anche vincere, ma se la vittoria sarà con bassa partecipazione e non eclatante nello scarto, sarà una vittoria di Pirro. Naturalmente assieme al referendum votano 7 regioni. Sarà interessante vedere come andrà l’affluenza al referendum in contemporanea al voto amministrativo, espediente inventato per aumentare il SI attraverso l’induzione di una maggiore partecipazione: visto che se voto per il governatore, voto pure per il referendum dato che mi danno in mano la scheda e non mi devo scomodare.