Carlotta e Manganelli

COMUNICATO STAMPA – Gorizia, li 17.09.2020.

AZIONE FVG, nella totalità dei gruppi territoriali di cui si compone, si risolutamente schierata per votare NO al referendum costituzionale del 20 21 settembre 2020. A tale conclusione siamo pervenuti svolgendo le seguenti considerazioni.

  1. Se l’obiettivo autentico è il risparmio sul costo del parlamento, allora appare preferibile intervenire sulla diminuzione delle indennità dei parlamentari in modo da assicurare un risparmio uguale a quello ottenuto con taglio lineare dei rappresentanti tale da portare i deputati a da 630 a 400 e i senatori eletti da 315 a 200, così ottenendo una numerosità complessiva di rappresentanti inferiore alla media europea, con risparmio annuo di € 50 milioni, pari ad una frazione infinitesimale della spesa pubblica (n. 1 caffè/giorno x ab.). L’adozione del Mes, ideologicamente osteggiata dal M5s, libererebbe risorse equivalenti un risparmio annuo 10 volte maggiore.
  2. La riduzione dei parlamentari in assenza di una revisione dei regolamenti disciplinanti il funzionamento delle camere e delle commissioni parlamentari, porterà ad un congestionamento dell’attività delle commissioni con diminuzione dell’efficienza/efficacia del parlamento.
  3. La riduzione del numero dei parlamentari mantenendo il sistema bicamerale perfetto, con iter di doppia approvazione delle leggi e dei numerosi emendamenti apportati nelle varie lettura di una legge (navette), mantiene inalterata e bassa l’efficienza del processo legislativo e modesta l’efficacia del sistema parlamentare perfettamente bicamerale. Sarebbe opportuna una differenziazione delle funzioni attribuite a ciascuna delle due camere come avviene nella quasi totalità degli ordinamenti statali che adottano il sistema bicamerale.
  4. Al taglio lineare nel numero dei parlamentari corrisponde un effetto di perdita di rappresentanza media nazionale del 36,6% e variabile in ciascuna regione fino al 46% (regioni come il Molise non avranno rappresentanti in Senato). Il rapporto parlamentari/elettori peggiorerà, a livello locale l’ampliamento delle circoscrizioni renderà più difficile e costoso il mantenimento della relazione tra rappresentante ed elettori, cioè una sconfitta per la democrazia.
  5. Per il Friuli Venezia Giulia, la perdita di rappresentanza è del 40%. La nostra regione, storicamente la regione autonoma con minore grado di autonomia rispetto alle altre 4 esistenti, è la regione più penalizzata dal taglio dei parlamentari, considerate le spinte neocentraliste ormai consolidate da oltre un decennio e il disfavore con cui sono considerate le regioni autonome. E da parte nostra è sempre più pressante l’esigenza di riqualificazione della specialità regionale.
  6. Per la nostra regione la riduzione del numero dei seggi disponibili nelle assemblee rappresentative passerà da 13 e 7 e da 8 e 4, rispettivamente alla Camera e al Senato. In assenza di possibilità di scelta dell’elettorato passivo con la preferenza, saranno prevalenti le scelte di partito e le nomine centralistiche, accentuando il gap di democrazia, anche in contrasto con la tutela accordata dall’art. 6 della Costituzione alle minoranze linguistiche storiche.
  7. La riduzione del numero dei parlamentari non risolverà l’aspetto della qualità della rappresentanza poiché è scollegato da una selezione dei rappresentanti secondo il criterio del sapere e delle competenze. Anzi, se come appare, vi sarà il mantenimento delle liste bloccate (in linea con il porcellum e il rosatellum), i parlamentari saranno preselezionati – e di fatto imposti – dalle segreterie di partito secondo i criteri di fedeltà e controllabilità, invece che della vicinanza con l’elettorato.
  8. Al verificarsi di alcune condizioni, potrebbe essere più facile conseguire le maggioranze qualificate richieste dalla Costituzione per la revisione costituzionale e per l’elezione del presidente della repubblica. I senatori a vita acquisirebbero un peso lievemente maggiore, così come i delegati regionali in occasione dell’elezione del presidente della repubblica con il parlamento in seduta comune.

In aggiunta alle motivazioni tecnico-giuridiche, vi sono delle motivazioni politiche altrettanto e più preoccupanti:

  1. Il parlamento, da anni, nei fatti si è indebolito nella centralità attribuitagli dal legislatore costituente cedendo al governo una quota crescente nel tempo della propria principale funzione: l’esercizio dell’iniziativa legislativa nelle diverse modalità previste dalla Costituzione. Il governo ha assunto più ampi poteri di indirizzo politico utilizzando più intensamente e frequentemente strumenti come decreti legislativi, decreti legge (previsti per i soli casi di necessità e urgenza ma ormai entrati nell’ordinarietà fattuale), “colpi” di fiducia, Dpcm. Con la vittoria del Sì, lo squilibrio a favore del potere dell’esecutivo troverebbe condizioni più favorevoli, con alterazione strutturale l’equilibrio costituzionale montesquieiano ed in contrasto con la volontà perseguita dal legislatore costituente.
  2. Il taglio dei parlamentari è un’iniziativa populista del M5s, necessaria al mantenimento dell’ipocrisia di un’identità antisistema e inferire un colpo alla casta nella narrazione di un grande inganno collettivo. Il taglio risponde, in realtà, al disegno di sostituzione della democrazia rappresentativa in cui albergherebbero parlamentari inutili e costosi, con un’utopica democrazia diretta, che si avvale di una piattaforma digitale di proprietà di un’impresa privata che la gestisce e la controlla in totale autonomia.

Rileviamo che la Costituzione italiana disciplina un sistema di istituzioni repubblicane interdipendenti basato su un delicato equilibrio di check and balances e che modifiche importanti ad un elemento producono effetti di squilibrio sugli elementi rimanenti. Non a caso l’elaborazione dei 139 articoli si svolse dal 1946 al 1948 impiegando un’assemblea di costituzionalisti antifascisti di varia estrazione politica. Ciò non significa che la Costituzione, rigida per precisa scelta, sia immutabile: infatti, nel tempo è stata oggetto di numerosi rimaneggiamenti, in sintonia con lo spirito del legislatore costituente, secondo le procedure di revisione costituzionale previste negli artt. 138 e 139.

La questione del taglio dei parlamentari posta in termini meramente quantitativi risponde alla grossolanità semplificatrice e banalizzante insita negli stilemi del populismo. Trova enfatizzazione solo l’aspetto del risparmio (presunto), ma appare molto grave sul piano politico che non ci sia la volontà di ricerca di soluzioni di miglioramento della produttività del parlamento, di snellimento dell’iter legislativo, di aumento del numero di leggi approvate nell’unità di tempo.

L’Italia necessita da decenni una riforma costituzionale complessiva, avente oggetto la totalità delle istituzioni repubblicane, comprese la magistratura, la pubblica amministrazione, i partiti, il rapporto spesso conflittuale e costoso tra stato centrale e regioni. Tale riforma complessiva deve proiettare il paese nella modernità, ricostruire il capitale umano, allentare le tensioni sociali con il coinvolgimento di tutti i protagonisti della società inclusi la scuola, i corpi sociali intermedi, le associazioni e il terzo settore, con la valorizzazione delle potenzialità, i talenti, la bellezza, il patrimonio culturale e artistico riconosciuti all’Italia in tutto il mondo, con miglioramento della produttività (stagnante da decenni) e della competitività.

L’attuale fase storica dominata dal covid-19 e i suoi devastanti effetti economici e sociali, ha contribuito ad accentuare la domanda di una guida politica autorevole e responsabile, capace di porre in essere scelte consapevoli e concrete, che non si limiti a delegare alla scienza il fardello delle decisioni.

Votando NO abbiamo la possibilità di non perdere l’occasione di riqualificare l’istituto della delega, il rapporto eletto/elettore, ricercando l’equilibrio tra rappresentanza e governance e tra esercizio responsabile del potere da una parte e competenze e sapere dall’altra.

Nessuno fra gli ingannevole stratagemmi del populismo può sostituire una riforma sistemica complessiva e organica nell’interesse della crescita – non solamente economica – del paese.

Riteniamo che l’attuale classe politica, nel suo insieme e salvo eccezioni individuali, non sia capace di produrre alcuna riforma istituzionale e strutturale poiché deve prima imparare a riformare – e talora rivoluzionare – se stessa e ciò richiede un elevato bagaglio di cultura, preparazione e competenze.

Perciò, con Azione votiamo convintamente NO al taglio dei parlamentari voluto dal M5s che riteniamo essere una profonda amputazione della democrazia, improntata alla sterile demagogia, inutile e dannoso preludio di una potenziale degenerazione illiberale.

AZIONE esiste per offrire l’alternativa, come perimetro di interazione di apporti eterogenei e qualificanti.

AZIONE esiste perché “l’Italia è più forte di là vuole debole.”

AZIONE esiste perché “nessuna maledizione ci condanna a dover scegliere fra sovranisti e populisti.”

Paolo M. G. Carlotta – Referente provinciale del gruppo Gorizia in Azione

Cell. +393286474547 WhatsApp +393480191803

e-mail: paolo.carlotta@mail.com

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